AGICI e CNA Cinema e Audiovisivo: “Sulla riforma del Tusma il governo corra ai ripari”
Nonostante i numerosi appelli, il grido d’allarme lanciato dalle micro, piccole e medie imprese indipendenti e dall’industria italiana ed europea nel suo complesso, che caratterizzano il mercato indipendente, appare inascoltato e c’è una grande delusione e preoccupazione sul voto espresso ieri dal Parlamento circa la modifica del Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi (TUSMA).
La revisione del sistema di quote di investimento e di programmazione in film, serie, animazione e documentari italiani a carico di broadcaster e piattaforme e a favore della produzione indipendente italiana con – tra le altre cose – l’eliminazione della norma contenente principi fondamentali volti a correggere la forte asimmetria negoziale e contrattuale nei rapporti tra produttori indipendenti e grandi broadcaster e player globali, lascerà i produttori italiani senza alcuna tutela contrattuale, a discapito della biodiversità dell’industria culturale italiana.
Duole ricordare che la politica non ha avuto il coraggio e la forza di prendere decisioni in difesa del sistema industriale italiano, e allinearsi con le normative europee che impongono agli Stati membri la difesa dell’eccezione e della diversità culturale e industriale. Nei diversi incontri CNA e AGICI sono state le associazioni che più hanno difeso la sotto quota cinema e la sua funzione indispensabile a tutela del cinema indipendente nel nostro Paese, auspicando anche la creazione di una sotto quota per i documentari e per l’animazione.
Solo per fare un confronto con altri Paesi Europei, in Germania la sotto quota Cinema (la percentuale di introiti netti che le emittenti tv private dovranno investire sui film) è al 10,5%, mentre in Italia si passa dal 3,5% all’1,75%. Questo dato lo riteniamo inaccettabile e non incrocia le reali aspettative del mercato indipendente.
In più, non si colgono le reali ragioni di questa decisione che riguarda anche i broadcaster privati e le OTT che avevano l’obbligo normativo di investire il 20% degli introiti netti “in opere audiovisive europee” realizzate “da produttori indipendenti” e che ora scende al 16 %.
La sotto quota cinema e favore dei produttori italiani realmente indipendenti, e non meramente esecutivi, è fondamentale anche per garantire la libertà di espressione culturale che vada oltre la dittatura dell’algoritmo.
Le produzioni realmente indipendenti soffriranno molto e moltissimi posti di lavoro andranno inevitabilmente persi. Si avrà un impatto negativo su tutta la filiera, e su tutte le imprese che ormai caratterizzano tutto il territorio nazionale grazie al grande supporto delle film commission.
Chiediamo con forza al Governo e al Parlamento di tornare sui loro passi e di mettere in atto misure concrete per la difesa e la crescita strutturata dell’industria culturale italiana, nonché per mantenere il valore dei diritti e la proprietà intellettuale nel nostro Paese.
Roma, 15/03/2024